
Sono nata il 12 agosto 2022 e già molti mi dicono che è una stranezza incontrare un asino del segno del
leone. Non che io non sia coraggiosa, anzi. Per meglio dire, nessuno è specialista dell’evasione quanto
me: per quanto il mio padrone (…che pensa di essere il mio papà adottivo) si ingegni con i recinti, anche
elettrici, io trovo sempre il modo di uscire e di farmi il mio meritato giretto per le contrade, dove ormai
tutti mi conoscono e mi regalano chi una carotina, chi una fetta di mela. È il modo asinino di fare
shopping.
Ma torniamo al quel fatidico 12 agosto. Dunque, le cose si sono subito complicate per me, perché la mia
mamma asina, che si chiama Esmeralda – chissà perché il mio padrone e la sua famiglia si ostinano a
chiamare i loro asini con nomi di città, come Pola, Damasco, Caracas, Honolulu, ecc. – mi ha partorito sul
versante ovest di un monte a più di mille metri di altitudine, sempre illuminato dal sole mattutino.
Peccato che il punto esatto dove sono nata fosse proprio in prossimità della recinzione elettrica ed io sia
scivolata fuori ai primi tentativi di alzarmi in piedi per guardare un po’ il mondo. Penso sia il destino di
tutti quelli che nascono e vivono in montagna: la strada è immancabilmente sempre in salita. E anche
quando si va in discesa mai abbassare la guardia, potresti prendere velocità e finire nella scarpata.
Si, lo so, me lo dicono in tanti: sono un’asina filosofa. E come vedete perdo anche spesso il filo del discorso.
La mia mamma, per via della corrente del recinto, non mi ha più potuto raggiungere all’esterno e così ho
passato le prime ore della mia vita in mezzo ad un prato fiorito, al sole del mattino. Si sa che se non scatta subito l’attaccamento tra mamma e cucciolo, poi non c’è più niente da fare. E così è andata.
Tuttavia, fortuna ha voluto che un cacciatore buono, che in quel momento osservava con il binocolo gli
animali selvatici di passaggio, mi avvistasse, avvisando senza indugio il mio padrone che in quel
momento si trovava in passeggiata con tutto il resto del branco, mamma Esmeralda compresa.
Ve la faccio breve: il mio padrone – su insistenza di Paolo il cacciatore buono – torna trafelato dalla
passeggiata, mi prende in braccio, mi porta in contrà Brucchi, vede che sto bene e pensa… adesso che si
fa? Io avevo fame e sete ma devo dire che il papi adottivo – aiutato dai suoi amici bipedi – se l’è cavata
egregiamente: Bianca ha procurato in farmacia latte in polvere e biberon, Francesca del campeggio ha
messo a disposizione un tiralatte, Carlo-papà ha sfidato le poderose pedate di Esmeralda riuscendo a
mungerle il colostro, Irene mi ha messo a disposizione una casetta del camping vicino al camper dei
miei padroni, una staffetta di campeggiatori ha fatto arrivare litri e litri di latte d’asina in contenitori
termici refrigerati da un allevamento del vicentino. E quanto mi piaceva che la mia nuova mamma
adottiva, Manu, ogni due ore mi preparasse il bibe… Anche la notte, eh!
Morale della favola, ogni giorno mi sentivo più forte e più bella, le mie orecchie crescevano che era una
meraviglia, i miei zoccoli erano duri e resistenti e anche il mio raglio si sentiva a chilometri di distanza.
Ero ormai una perfetta umasina.
Oggi ho tre anni e vivo con altri amici equini. Ho avuto un debole per Rabat, un moro bellissimo del branco. Da quella storia d’amore è nato Dakar, un puledrino scuro con il musetto bianco. Anche lui, come me, ha già imparato a evadere dai recinti. Questione di genetica?